La struttura delle proteine 
 

AMMINOACIDI

STRUTTURA PRIMARIA

STRUTTURA SECONDARIA

STRUTTURA TERZIARIA

STRUTTURA QUATERNARIA

ENZIMI

In questa pagina illustrerò molto brevemente e sinteticamente la struttura delle proteine e degli enzimi. Cercherò di non essere molto lungo e dispersivo, anche se l'argomento richiederebbe una trattazione ben più vasta di questa. Chi ha già studiato un minimo di biochimica strutturale (chimica biorganica, biochimica, ecc.) può benissimo evitare di leggere questa parte, dedicata ai totalmente profani della materia.

Direi di partire dalle basi strutturali delle proteine, ossia dagli amminoacidi:

Gli amminoacidi

Gli amminoacidi sono piccole molecole di natura organica chiamate così per il fatto di avere all'interno una funzione amminica (ossia una funzione con l'azoto N) e una parte costituita da un acido carbossilico:

                                                                                                                                               

Nel complesso, un generico amminoacido ha una struttura formata dalle due funzioni legate al centro da un carbonio detto carbonio α, a cui è legata una catena laterale di natura variabile (qui rappresentata genericamente con R) di cui parleremo in seguito:

Potete notare la funzione carbossilica sulla sinistra in alto e la funzione amminica sulla destra in basso, legate dal carbonio alfa al centro, da cui parte la catena R.

La quasi totalità delle proteine conosciute è costituita essenzialmente da una sequenza di 20 amminoacidi diversi. Questi si differenziano tra loro esclusivamente in base alla catena laterale R. Esistono quindi amminoacidi idrofobici (con catena R idorofobica o apolare, non solubili in acqua), polari (con catena R polare, solubili in acqua), acidi (con catena R acida), basici (con catena R basica) ecc.

Nelle seguenti tabelle sono riportati i 20 amminoiacidi, divisi in base alle loro caratteristiche principali. Oltre al nome e ai 2 simboli, a 3 e ad 1 lettera, sono riportate anche le strutture delle catene laterali che caratterizzano l'amminoacido (per risalire ala struttura originaria, basta sostituire quella catena ad R nella struttura generica dell'aminoacido).

Amminoacidi apolari o idrofobici

Glicina Gly (G)
Alanina Ala (A)
Valina Val (V)
Leucina Leu (L)
Isoleucina Ile (I)
Metionina Met (M)
Prolina Pro (P)
Fenilalanina Phe (F)
Triptofano Trp (W)

Amminoacidi polari non carichi

Serina Ser (S)
Treonina Thr (T)
Asparagina Asn (N)
Glutammina Gln (Q)
Tirosina Tyr (Y)
Cisteina Cys (C)

Amminoacidi polari basici

Lisina Lys (K)
Arginina Arg (R)
Istidina His (H)

Amminoacidi polari acidi

Aspartato Asp (D)
Glutammato Glu (E)

Tabella riassuntiva dei 20 amminoacidi

Quello che rende le proteine delle lunghe catene di amminoacidi è il fatto che essi possono legarsi tra loro mediante un legame peptidico tra la funzione carbossilica di uno e la funzione amminica del successivo. Nella figura, ad esempio, è mostrato una piccola sequena di 3 amminoacidi, la glicina, la treonina e l'istidina; notate come le catene laterali non svolgono nessuna funzione in questo legame:

La glicina è colorata in rosso, la treonina in giallo e l'isitidina in verde. I pallini stanno ad indicare i  2 legami peptidici che formano la sequenza.

Una sequenza di amminoacidi è detta peptide o polipeptide. Le proteine sono anche chiamate in questi due modi.

Le quattro strutture delle proteine

Le proteine sono formate, abbiamo detto, da una catena più o meno lunga di amminoacidi, tenuti assieme da legami peptidici. Per struttura primaria di una proteina si intende la sequenza lineare degli amminoacidi, dall'inizio alla fine della proteina. Questa struttura è importantissima in quanto è univoca per ogni proteina: proteine diverse hanno una sequenza diversa di amminoacidi e, quindi, struttura diversa.
Il concetto fondamentale da comprendere è che la funzione di una proteina, il suo meccanismo di funzionamento, è strettamente legato alla sua struttura tridimensionale e questa, a sua volta, è univoca per ogni proteina ed è determinata da un'altrettanto univoca sequenza amminoacidica. Ricapitolando, ogni proteina si distingue da tutte le altre per la sua sequenza di amminoacidi, che permette alla proteina di avere una ed una sola struttura tridimensionale; di conseguenza la proteina potrà svolgere al meglio la sua unica funzione.
La struttura secondaria riguarda regioni diverse della sequenza. Senza scendere più di tanto nei dettagli, è sufficiente tener presente che il legame peptidico è fisso e immobile su un piano mentre gli amminoacidi sono liberi di muoversi utilizzando i carboni alfa come perni di movimento:



Questo fa sì che una lunga serie di amminoacidi possa riarrangiarsi tridimensionalmente in strutture particolari, dette appunto, strutture secondarie. Le  più diffuse sono 2: le eliche e i foglietti. Le prime sono eliche destrorse, con le catene laterali che sporgono all'esterno e sono liberi di interagire con determinate strutture appartenenti o meno alla proteina stessa:





I foglietti, invece, sono formati da 2 o più file di amminoacidi che si dispongono parallelamente tra loro, con un andamento parallelo o anti-parallelo:




I foglietti vengono rappresentati come strisce orientate da una freccia.
Quello che determina l'insieme delle eliche, dei foglietti e delle zone di proteina non ripiegate in struttura secondaria, è la struttura terziaria, ossia la vera e propria forma tridimensionale di una proteina. Bisogna ricordare che se una proteina si ripiega in una determinata maniera a dare una ben precisa struttura terziaria, è perchè le eliche e i foglietti si sono formati nei posti giusti, in modo da permettere determinate interazioni tra le diverse zone della proteina; capita spesso, infatti, che amminoacidi molto distanti tra loro nella sequenza lineare si trovino a pochissima distanza tra loro. I foglietti e le eliche, però, si possono formare solo in presenza di determinati amminoacidi nei posti giusti: se un'elica (o un foglietto) si forma è perchè c'è una determinata sequenza di amminoacidi che, ripiegata ad elica (o a foglietto), trova la sua conformazione ideale. Se non ci fosse questa sequenza, l'elica, o il foglietto, non si formerebbe, e non potrebbe neanche formarsi la struttura terziaria corretta; ecco perchè la struttura primaria è fondamentale ed è univoca per ogni proteina:





Una catena polipeptidica può non bastare a caratterizzare una proteina che, quindi, può risultare formata da più catene, dette, in questo caso, subunità. Le varie subunità si associano tra loro con interazioni deboli ma non con legami chimici covalenti.
La struttura quaternaria è quella data dall'associazione delle diverse subunità a formare la proteina matura. In queste due immagini è rappresentata la proteina di trasporto emoglobina, che trasporta ossigeno nel sangue; sono messe in evidenza le 4 diverse subunità:


                                                   





Gli enzimi

Gli enzimi rappresentano una vastissima classe di molecole di natura proteica (anche se esistono alcuni enzimi non proteici, ma che non ci interessano). Essi vengono comunemente definiti come "catalizzatori biologici". Per poter comprendere questa definizione credo sia necessario dare una spiegazione di catalizzatore.
Una qualsiasi reazione chimica ha una sua equazione cinetica, ossia ha una sua velocità intrinseca. Se, per ragioni che non tratteremo di natura termodinamica, una reazione è favorita, allora essa decorrerà spontaneamente da reagenti a prodotti con una certa velocità, espressa in termini di aumento di quantità di prodotti (o diminuzione di quantità di reagenti) nell'unità di tempo. Esistono reazioni favorite ma lentissime, come il passaggio del diamante a grafite, e reazioni velocissime, dell'ordine dei femto-secondi (10-12 secondi).
Ogni reazione ha, tuttavia, un certo "equilibrio dinamico", nel senso che i reagenti tendono a essere convertiti in prodotti con una certa velocità x e i prodotti tendono a ritornare reagenti con una certa altra velocità y; se la velocità x è maggiore della velocità y, allora è favorita la formazione di prodotti (favorita la reazione diretta) mentre se y è maggiore di x, allora è favorita la formazione di reagenti (favorita la reazione inversa).
Un catalizzatore biologico velocizza la reazione in analisi; bisogna sottolineare che esso velocizza la reazione in entrambi i sensi, ma non favorisce nessuna delle 2. In altre parole, non rendono favorita una reazione non favorita (o almeno, non direttamente. E' sufficiente sapere che, dove gli enzimi agiscono su reazioni sfavorite dal punto di vista energetico, lo fanno perchè, contemporaneamente, stanno sottraendo energia da qualche altra reazione).
Esistono tantissimi tipi di catalizzatori, sia di natura inorganica, che organica, che biologica (gli enzimi, apppunto). Gli enzimi sono di gran lunga i più utilizzati, in quanto sono molto più specifici e lavorano a condizioni molto più blande. I catalizzatori inorganici, in genere, per funzionare, richiedono condizioni limite, come pH molto acidi o basici, temperature elevatissime, pressioni molto alte, ecc. Si intuisce molto facilmente che è difficile riprodurre queste condizioni all'interno di una cellula. Gli enzimi, invece, lavorano in genere a pH attorno a 6-7, a temperatura attorno ai 37 °C e ad 1 atmosfera di pressione, tutte condizioni, cioè, a valori fisiologici.
La specificità degli enzimi è l'oggetto di interesse di questa sezione. Esiste un numero enorme di enzimi, divisi in 6 classi maggiori, in base alla loro attività principale; ogni classe è poi suddivisa in sottoclassi a seconda del tipo di molecola o struttura su cui agiscono.
In ambito biologico, in genere, è rispettata la corrispondenza "1 reazione = 1 enzima". In altre parole, ogni data reazione, con determinati reagenti e che deve dare determinati prodotti, a determintate condizioni, in un momento determinato, ha uno e un solo enzima. In realtà esistono enzimi in grado di fare più di una reazione; molti, ad esempio, sono in grado di catalizzare (=velocizzare) anche la reazione inversa (ad esempio, la malato deidrogenasi catalizza sia l'ossidazione di malato ad ossalacetato sia la riduzione di ossalacetato a malato).
Data l'enorme quantità di reazioni biochimiche che avvengono all'interno della cellula, è facile intuire come esistano tantissimi enzimi diversi tra loro. Essi catalizzano ogni tipo di reazione: ossidoriduzioni, reazioni acido-base, trasferimenti di gruppi chimici da una molecola all'altra o in punti diversi della stessa molecola, ecc.
Ogni enzima, quindi, è specifico per il suo substrato, ossia il reagente della reazione: ad esempio, la fosfo-frutto-chinasi (PFK) è specifica esclusivamente per il fruttosio-6-fosfato e catalizza la sua conversione a fruttosio-bifosfato mentre non si lega assolutamente ad un'altra molecola, magari anche molto simile, come il glucosio-6-fosfato. Un altro esempio è dato dalle polimerasi; la DNA polimerasi è la molecola che duplica il DNA nella cellula quando essa deve dividersi  e deve dare alla cellula figlia un corredo genetico completo. L'enzima legge lo stampo da copiare e prende i "mattoncini" di DNA per legarli uno all'altro ma se per caso, invece di prendere un mattoncino di DNA, la DNA polimerasi prende un mattoncino di RNA, molto simile, differente solo per un gruppo OH (praticamente c'è un O in più, quindi un solo atomo di differenza), tutto il processo si blocca e si cerca di riparare.
Ma cosa conferisce ad un enzima questa sua estrema e sorprendente specificità per il suo substrato e lo rende inabile a legare qualunque altro substrato? La risposta è nel fatto che gli enzimi sono (praticamente sempre) delle proteine e anche per loro valgono tutte le considerazioni fatte sopra; ognuno di loro ha una precisa struttura primaria, univoca, che conferisce loro una specifica struttura secondaria e una e una sola struttura terziaria. Il concetto della stretta relazione tra struttura e funzione è qui portato al massimo della sua espressione: un enzima funziona, e quindi è in grado di legarsi al suo substrato, se e solo se è ripiegato correttamente.

Il substrato non si lega a caso sull'enzima ma in un punto ben determinato, detto sito catalitico o sito attivo, in cui l'enzima fa convergere tutti i reagenti e in cui avviene la reazione; i prodotti hanno una struttura tridimensionale ben diversa da quella dei reagenti e, quindi, non possono più rimanere legati al sito catalitico dell'enzima (si dice che perdono affinità per l'enzima) e, di conseguenza, escono. Si deve pensare al complesso enzima-substrato come un "gioco ad incastro" in cui il substrato ha una struttura tridimensionale esattamente complementare a quella del sito catalitico:





Il più delle volte il legame al substrato induce dei cambiamenti nella struttra tridimensionale all'interno dell'enzima, in modo da rendere la catalisi ancora più efficiente da fornire un'ulteriore garanzia che il substrato legato sia quello corretto; se viene legato il substrato sbagliato, allora questi cambiamenti conformazionali non avverranno e la catalisi non avrà luogo.
Si osservi, ad esempio, il cambiamento di struttura dell'enzima esochinasi che si chiude come una tenaglia quando è legato al suo substrato, ossia il glucosio:




A reazione avvenuta, il prodotto viene rilasciato e l'enzima ritorna nella sua forma originaria.
Alcuni enzimi, intoltre, usano dei cofattori che li aiutano nell'attività di catalisi. Questi cofattori possono essere di diversa natura: metalli, gruppi eme, molecole organiche, ecc. In genere essi sono immersi nel sito catalitico o, comunque, in posizioni funzionali alla catalisi stessa.